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Unità, libertà, Nazione italiana, Popolo italiano
Da Manzoni e De Amicis alla Resistenza passando per il Risorgimento
11/04/2016, 16:51 | Storia d'ItaliaItalia 1821 i vari staterelli sono in subbuglio, spinti dai sentimenti di libertà e unità, ispirati dai carbonari. A Milano uno scrittore chiuso nel suo studio con davanti a se carta e calamaio, guarda tra le nebbie, là dove nasce il Ticino e si immagina che le truppe sabaude abbiano superato le rive del fiume, pronte, decise a liberare la Lombardia dal giogo austriaco.
Lo scrittore è Manzoni. Secondo l’autore dei Promessi Sposi cosa doveva spingere le truppe di Carlo Alberto a combattere in Lombardia? La risposta per lui e semplice e intuitiva: a guidare l’operazione sarebbe stata la volontà di voler costruire una nazione Italia. Una nazione unita e soprattutto unica: « Una d’arme, di lingua, d’altare, / Di memorie, di sangue e di cor ».
Arriva da Firenze in treno e compra casa a Torino nel 1879 un giovane scrittore e lì sotto l’ombra della Mole inizia a comporre l’opera che lo renderà famoso in tutta Italia Cuore, il romanzo didascalico per ragazzi per antonomasia.
Ma qual è la linea sottile che lega il libro di De Amicis e l’ode politica di Manzoni Marzo 1821? L’amor di patria appunto. Questo è facilmente riscontrabile nell’intervento nel diario di Enrico, il bambino protagonista di Cuore, di suo padre che gli spiega cosa sia l’amor di patria:
Perchè amate l’Italia. Perchè amo l’Italia? Non ti si son presentate subito cento risposte? Io amo l’Italia perchè mia madre è italiana, perchè il sangue che mi scorre nelle vene è italiano perchè è italiana la terra dove son sepolti i morti che mia madre piange e che mio padre venera, perchè la città dove son nato, la lingua che parlo, i libri che m’educano, perchè mio fratello, mia sorella, i miei compagni, e il grande popolo in mezzo a cui vivo, e la bella natura che mi circonda, e tutto ciò che vedo, che amo, che studio, che ammiro, è italiano;
E il padre continua:
Lo sentirai nello sdegno doloroso e superbo che ti getterà il sangue alla fronte, quando udrai ingiuriare il tuo paese dalla bocca d’uno straniero. Lo sentirai più violento e più altero il giorno in cui la minaccia d’un popolo nemico solleverà una tempesta di fuoco sulla tua patria, e vedrai fremere armi d’ogni parte, i giovani accorrere a legioni, i padri baciare i figli, dicendo: — Coraggio! — e le madri dire addio ai giovinetti, gridando: — Vincete! — Lo sentirai come una gioia divina se avrai la fortuna di veder rientrare nella tua città i reggimenti diradati, stanchi, cenciosi, terribili, con lo splendore della vittoria negli occhi e le bandiere lacerate dalle palle, seguiti da un convoglio sterminato di valorosi che leveranno in alto le teste bendate e i moncherini, in mezzo a una folla pazza che li coprirà di fiori, di benedizioni e di baci. Tu comprenderai allora l’amor di patria, sentirai la patria allora, Enrico. Ella è una così grande e sacra cosa, che se un giorno io vedessi te tornar salvo da una battaglia combattuta per essa, salvo te, che sei la carne e l’anima mia, e sapessi che hai conservato la vita perché ti sei nascosto alla morte, io tuo padre, che t’accolgo con un grido di gioia quando torni dalla scuola, io t’accoglierei con un singhiozzo d’angoscia, e non potrei amarti mai più, e morirei con quel pugnale nel cuore.
Leggendo dunque queste due opere letterarie del periodo risorgimentale si può affermare a mio giudizio che la nazione come comunità di discendenza è l'idea che dà origine all'esperienza risorgimentale. Sviluppando questa tesi, il nazionalismo risorgimentale immagina dunque che il sangue sia il fattore essenziale che unisce i figli e le figlie della madre-patria; e immagina anche che sia il fattore che vivifica il senso di appartenenza quando viene eroicamente sparso a testimonianza della fede nazionale. Che cosa oggi potremmo riprendere da questa tradizione? Sicuramente i valori risorgimentali di libertà, che tuttavia all'epoca sono declinati in modo molto selettivo, a portare avanti l’unificazione italiana furono infatti i notabili. In effetti una libertà interpretata in modo più generosamente inclusivo, senza barriere di censo, di genere o di razza, matura con l'antifascismo e la Resistenza per essere incorporato poi nella Costituzione repubblicana. Per questo io guarderei con maggiore attenzione alla Resistenza, e non al Risorgimento, come momento fondante del nostro vivere insieme come nazione. E se qualcuno dovesse obiettare che la Resistenza sia stata un’esperienza troppo divisiva che ha generato, come afferma il Contini, una memoria divisa, allora guarderei alla Costituzione come a un porto sicuro.