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Il relativismo non ha senso? Chiedilo ad Aleppo
16/12/2016, 14:59 | Relazioni internazionali e Geopolitica
Quando pensate di essere sfigati, di essere nati nel posto sbagliato e di essere perseguitati dalla vita, pensate ad Aleppo. Penso alle bome che cadono, a vite che si spengono e a progetti di vita che si frantumano con le macerie. Penso ad arti frantumati a corpi sventrati, a macerie indistinte, al caos e alla disperazione ovunque. Penso ad Assad e Putin, all'Isis, all'Onu e all'occidente: si combatte per cosa? Penso a quel genietto di Sarkozy e a come sono esplose le primavere arabe, alla genesi di queste dinamiche. Penso di essere un complice innocente di questa catastrofe e cerco di non lamentarmi della vita che vivo. Ci sono situazioni di difficoltà, gravissime, anche in occidente e in particolare nella terra dalla quale provengo. Ma non vedo amori spezzati dalla morte della guerra, case distrutte dalle bombe, scuole abbandonate, orfani vagabondi senza patria né futuro. Noi abbiamo avuto catastrofi naturali, alle quali si può porre parziale rimedio ma che l'uomo non può prevenire. Ma la guerra non è una catastrofe naturale è una catastrofe umana. e per quanto possa essere difficile, prevenirne le cause è possibile. Sono le premesse ad essere fallaci e risiedono nella sete di potere dei grandi e nell'egoismo dei popoli occidentali, che si esprime trasversalmente bypassando le fratture di classe.
Non è complottismo è la realtà del nostro mondo. Una realtà che non si può descrivere con parole dolci ma che deve seguire il ritmo delle bombe, la coerenza dell'intransigenza dell'ideologia e la violenza della morte. Ma senza vedere con gli occhi e assaporare le polveri dei campi di battaglia non possiamo capire una sega. Ci lamentiamo delle nostre vite agiate e facciamo parte di quella piccola percentuale della popolazione mondiale che può permettersi una quantità enorme di agi. La felicità è un discorso a parte. Ma un braccio strappato via da una scheggia di mortaio, l'amore di una vita che scompare tra le macerie, un padre o figlio che muoiono tra le proprie braccia sono esperienze che in SIria (ma non solo) hanno una certa frequenza, un ritmo abbastanza regolare. E sono esperienze che devastano corpo e anima e che nessuna differenza di cultura o di classe può appianare.
Nella mia vita ho conosciuto tante persone forti e normalmente sono le persone che apparivano più deboli. Il relativismo aiuta nei momenti di difficoltà che viviamo quotidianamente.
Credo che una mia grande amica abbia relativizzato tanto in questi anni e per me è fonte di ispirazione, di grinta. Come mi danno forza i bambini di Aleppo o i ribelli Curdi che lottano per nient'altro che per se stessi, per le proprie famiglie e per il futuro dei loro figli.
Quanto possiamo essere superficiali a volte? Quanto ci stressiamo per troiate? Possiamo pensare che nessuna "troiata" è priva di significato ma possiamo anche relativizzare la nostra "troiata" usando come metro di raffronto un nostro simile di Aleppo.
Il relativismo non ha senso? Io me ne fotto e relativizzo comunque.
Redazione